Il recente annuncio del governo spagnolo di voler raggiungere entro il 2050 il 100% di produzione elettrica da energie rinnovabili ha riacceso i riflettori sul superamento delle fonti fossili, sfida epocale in cui il Vecchio Continente sta svolgendo un ruolo centrale, con l’agenda europea che ha stabilito obiettivi ambiziosi per gli anni a venire.
L’accordo di Parigi e l’ultima conferenza mondiale sul clima tenutasi a Katowice (nonostante diversi limiti) non sono rimasti lettera morta. L’apporto delle energie rinnovabili al fabbisogno europeo è del resto significativamente aumentato negli ultimi 15 anni. Numeri alla mano, la percentuale di rinnovabili sul consumo finale lordo di energia è passata da circa l’8,5% del 2004 al 17% del 2016 (dati Eurostat).
L’UE ha sostenuto questo processo grazie alla direttiva 2009/28/CE, volta al raggiungimento di due obiettivi principali: aumentare l’incidenza che le rinnovabili hanno nel soddisfare il fabbisogno energetico europeo ed implementare la quota di rinnovabili impiegate per alimentare il settore dei trasporti. L’Unione ha dunque stabilito parametri diversi a seconda delle differenti situazioni di partenza.
Per quanto riguarda l’Italia, il primo obiettivo è stato fissato al 17% di rinnovabili sul totale dell’energia consumata, da raggiungersi entro il 2020. Soglia che nel 2030 si alzerà poi al 28%. Il secondo obiettivo prevede invece che in Italia l’apporto delle energie rinnovabili al settore dei trasporti arrivi entro il 2020 al 10%. L’Italia non ha accolto passivamente le indicazioni europee: già nel 2014 la penisola ha infatti raggiunto quota 17%, attualmente salita fino a circa il 19%. Diverso invece lo stato d’avanzamento nel settore dei trasporti, dove il parametro del 10% sembra difficilmente raggiungibile entro il 2020, considerato l’attuale 7,24% (sopra comunque alla media europea, ferma al 7,13% – dati GSE). Ad ogni modo, anche su quest’aspetto l’Europa ha fatto diversi passi in avanti, con la media comunitaria salita dall’1,4% del 2004 al 7,13% del 2016.
L’Italia svolge un importante ruolo in ambito continentale, essendo il terzo Paese per quantità di energie rinnovabili consumate. Tra i 28 Paesi comunitari (considerando anche l’uscente Regno Unito), Roma ha conquistato un posto nel podio, seppur nel gradino più basso. Dopo la Germania (che consuma il 17% di tutta l’energia rinnovabile prodotta in Europa) e la Francia (13%), l’Italia si attesta in terza posizione con un dignitoso 11%.
Ovviamente il discorso cambia se dai valori assoluti si passa a quelli relativi. In prima posizione, sempre secondo GSE, la Svezia stacca di molto gli altri Paesi con un invidiabile 54% di consumi finali lordi di energia coperti da fonti rinnovabili. Al secondo posto la Finlandia, con il 39%, seguita da Lituania (37%), Austria (33%), Danimarca (32%), Estonia e Portogallo (entrambe al 29%). Le ultime posizioni sono invece occupate da Belgio, Cipro, Irlanda e Regno Unito (tutte al 9%), Olanda e Malta (6%) e, fanalino di coda, dal Lussemburgo (5%). Tra i Paesi più grandi, esclusi i già citati Italia e Regno Unito, merita di essere menzionato il dato di Spagna (17%), Francia (16%) e Germania (15%), a riprova che le grandi economie necessitano di più tempo per una significativa riconversione energetica.
La volontà spagnola di portare le rinnovabili a soddisfare il 100% dell’energia elettrica entro il 2050 va dunque a toccare uno degli elementi più significativi che compongono i consumi energetici totali. Attualmente la media europea si attesta al 29,60%, con l’Italia che supera il 34% (2016). Nello stesso anno la Spagna superava il 40%, venendo però ridimensionata nel 2017 dal crollo delle precipitazioni, che ha ridotto l’apporto dell’energia idroelettrica. Madrid è scesa dunque l’anno scorso sotto il 34%. A prescindere dal singolo dato, tuttavia, è evidente come Spagna e Italia siano sulla buona strada per quanto riguarda l’energia elettrica.
La speranza è che politiche lungimiranti ed efficaci permettano al continente europeo di incrementare la strada delle rinnovabili, unico mezzo per tentare di limitare i danni prodotti dall’inquinamento e dal riscaldamento globale.
Marco Valerio Solia