Green bond: la rivoluzione ecologica passa (anche) per i titoli verdi

Il fallimento della Cop 25 dello scorso dicembre ha deluso il mondo circa il perseguimento di risposte efficaci ai cambiamenti climatici. L’impossibilità di trovare un accordo a livello internazionale rende evidente come, non solo gli Stati, ma tutti gli attori globali debbano impegnarsi sul fronte ambientale. Tra gli strumenti ideati al fine di promuovere la transizione verso un’economia sostenibile quello dei “green bond” potrebbe rappresentare una soluzione efficace, anche se non mancano le criticità.

Le “obbligazioni verdi”, o green bond, sono strumenti finanziari relativamente nuovi, che hanno tuttavia conosciuto un tasso di crescita straordinario dal 2007 a oggi. Sono obbligazioni come tutte le altre, la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente, come l’efficienza energetica, la produzione di energia da fonti pulite e l’uso sostenibile dei terreni. I green bond permettono infatti di finanziare vari tipi di progetti con caratteristiche di sostenibilità ambientale (trattamento dell’acqua e dei rifiuti, prevenzione e controllo dell’inquinamento, infrastrutture per i trasporti, tra cui ferrovie, centrali eoliche e più in generale iniziative legate all’utilizzo sostenibile dell’acqua o all’edilizia eco-compatibile, per citare solo qualche esempio).

L’importanza delle obbligazioni verdi è stata di recente evidenziata dalla Commissione Europea, la quale, analizzando l’impatto economico delle misure necessarie a raggiungere gli obiettivi per il 2030, ha stimato che queste costeranno, a partire dal 2021, circa 170 miliardi di euro l’anno. I green bond possono dunque rappresentare un utile strumento di reperimento dei fondi da parte degli Stati membri.

Inizialmente le nuove obbligazioni provenivano principalmente da istituzioni finanziarie sovranazionali, come la Banca Mondiale o la Banca Europea per gli Investimenti, poi sul mercato sono arrivati anche titoli emessi da singole aziende, municipalità e agenzie statali. Negli ultimi anni si è vista un’espansione significativa anche grazie alla spinta impressa dalla Cop21 parigina e dagli accordi sul clima del 2015. Molti Paesi, compresa la Cina, stanno infatti cercando di equilibrare il peso dei combustibili fossili nel mix energetico con nuovi investimenti per ridurre le emissioni di gas serra.

Al 2019 si stima che sul mercato siano stati immessi titoli verdi per circa 250 miliardi di dollari, valore che in soli 5 anni è aumentato del 300%. In questa rapida espansione anche l’Italia sta giocando un ruolo importante: dei 250 miliardi di titoli emessi lo scorso anno, il 3,6% proviene dal nostro Paese, per un valore di circa 4 miliardi, il doppio rispetto al 2018. Tali cifre hanno permesso all’Italia di collocarsi al sesto posto in Europa per emissione di green bond (sopra di noi Francia, Germania, Olanda, Svezia e Spagna). Per quest’anno gli analisti prevedono inoltre un’ulteriore accelerazione, dovuta all’ingresso nel mercato di nuovi fondi sovrani. Al fianco di Polonia, Francia, Belgio e Irlanda (che hanno già emesso obbligazioni verdi) nel 2020 arriveranno sul mercato i green bond tedeschi e olandesi (questi ultimi sarebbero i primi ad essere emessi da un Paese con rating AAA).

Il mercato dei green bond non è però privo di criticità. A destare preoccupazioni, in particolare, è la mancanza di trasparenza su come vengano reimpiegati i finanziamenti ottenuti grazie alla loro vendita ed il meccanismo di certificazione sulla loro finalità green.

Con riferimento a questo ultimo aspetto, il problema è che dalla loro invenzione ad oggi manca ancora un corpus di norme volte a definire e regolare quando, come e perché un’obbligazione possa essere considerata green. Attualmente, infatti, vi sono unicamente quattro linee guida dettate dalla Icma (International capital market association) secondo cui i green bond necessitano di un’attenta selezione dei progetti su cui investire, una chiara identificazione della destinazione dei proventi, la massima trasparenza su tutto il processo e la pubblicazione di report periodici.

In altre parole la preoccupazione maggiore è che tali titoli vengano emessi dalle società, vista la loro facile distribuzione sul mercato, unicamente per attrarre finanziamenti altrimenti difficili da procurarsi. O peggio, che le obbligazioni siano emesse unicamente per ripagare altre obbligazioni in scadenza, creando un vero e proprio “schema di Ponzi”.

I green bond rappresentano dunque una grande opportunità per raccogliere investimenti sostenibili. È però necessario rafforzare una regolamentazione efficace, con norme chiare e vincolanti, così da sfruttare a pieno le potenzialità che tali emissioni verdi lasciano presagire già nel breve periodo.