Economia circolare: Italia maglia rosa in Europa

Ha destato scalpore la pubblicazione nei giorni scorsi del report “L’economia circolare per il Next Generation EU”, realizzato dalla Fondazione Symbola e dal Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi su Base Cellulosica (Comieco). Secondo tale dossier l’Italia avrebbe raggiunto nel 2018 il 79% dei rifiuti riciclati, staccando di molto gli altri grandi Paesi europei, quali Francia (ferma al 56%), Regno Unito (50%) e Germania (43%). Nel riciclo di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica, tessili e vetro, l’Italia è riuscita a posizionarsi prima persino in termini assoluti. Secondo quanto evidenziato nel report, la filiera del riciclo in Italia supera i 70 miliardi di fatturato, per un valore aggiunto di 14,2 miliardi di euro, impiegando circa 213.000 persone.

Il risultato italiano merita di essere apprezzato anche per il notevole incremento avvenuto dal 2010 al 2018, con un balzo dal 73% all’attuale 79%. In tal senso i progressi di altri partner sono stati pressoché nulli: la Germania ad esempio è rimasta nello stesso lasso di tempo al 43%, mentre l’intera Unione Europea ha visto crescere la percentuale di riciclo di appena un punto percentuale, passando dal 37% al 38%.

Gli ottimi risultati in questo settore risultano decisivi non solo per la significativa riduzione dei rifiuti da smaltire e per la conseguente diminuzione delle materie prime consumate nel corso dei processi produttivi. È essenziale anche perché comporta ingenti risparmi nel consumo di energia e, dunque, delle emissioni di CO2.

Ovviamente se si analizza la raccolta differenziata dei rifiuti urbani le percentuali cambiano (e di molto). È quanto riportano i dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), relativi al 2019 e pubblicati a dicembre 2020. La percentuale di rifiuti riciclati in Italia ha infatti raggiunto il 61,3%, valore raddoppiato rispetto al 2008 (passando da un totale di 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti differenziati a 18,5) e incrementato del 3,1% rispetto al 2018. Secondo tale studio, dunque, saremmo ancora lontani rispetto all’ambizioso obiettivo del 65% che ci eravamo prefissati di raggiungere entro il 31 dicembre 2012 (al momento, infatti, meno della metà delle regioni italiane avrebbe varcato questo traguardo).

L’analisi dei dati forniti dall’Ispra dipinge un Paese a due velocità, con il Nord a fare da traino, seguito però dal Centro e dal Sud in rapido e costante miglioramento. Proprio il Mezzogiorno, sempre secondo Ispra, avrebbe superato per la prima volta il 50% di raccolta differenziata, pur restando tale dato molto al di sotto della media nazionale

Ciò si inserisce nella più vasta strategia europea, che punta ad un’Unione a zero emissioni entro il 2050. In quest’ottica gli obiettivi fissati in ambito comunitario prevedono il riciclaggio di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025 (che sale al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035), la riduzione dello smaltimento in discarica, che dovrà scendere al 10% entro il 2035 ed il riciclaggio del 65% degli imballaggi entro il 2025, fissato al 70% entro il 2030.

Le modalità di smaltimento dei rifiuti in Europa sono tutt’altro che omogenee, con grandi differenze da Paese a Paese. Mentre nell’Europa settentrionale, ad esempio, il conferimento in discarica è quasi nullo (con conseguente elevata percentuale di riciclaggio e di incenerimento dei rifiuti) in molti Stati del Sud e dell’Est Europa il conferimento in discarica rappresenta ancora la principale forma di smaltimento (si va da percentuali del 40-50% in Portogallo e Spagna fino all’80% di Grecia, Cipro e Malta, maglie nere dell’Eurozona, secondo i dati riportati da Eurostat).

Quella della transizione ecologica e dell’economia circolare è una sfida che riesce a coniugare sostenibilità ambientale e opportunità di crescita economica. Le stime del Parlamento europeo ci dicono infatti che gli sforzi per raggiungere la transizione ecologica, limitandoci al caso della raccolta differenziata, potranno fornire uno stimolo alle economie nazionali pari allo 0,5% del Pil, oltre a garantire fino a 700.000 nuovi posti di lavoro da qui al 2030.

In questo campo il nostro Paese ha dimostrato una maturità ed un approccio ottimale in vista del raggiungimento degli obiettivi fissati anche in sede europea. Le criticità del nostro sistema sono molteplici e dovranno essere risolte ma i trend e i dati qui analizzati ci dicono che siamo senza dubbio sulla buona strada.