Durante gli anni del boom economico italiano, il fondatore dell’ENI Enrico Mattei aveva caldeggiato la creazione di un Ente Nazionale Energia (ENE). Oltre agli idrocarburi già trattati dal Cane a sei zampe, esso avrebbe operato nello strategico settore dell’energia elettrica, realizzando così un colosso industriale di prim’ordine. Come è noto ciò non si concretizzò mai e, nel novembre del 1962, ad un mese esatto dalla morte del capitano d’azienda marchigiano, si arrivò all’istituzione dell’ENEL, fortemente voluta da Amintore Fanfani, allora al governo. Alla base di tale scelta vi era la necessità di non creare un soggetto economico troppo potente, in grado di esercitare un’influenza soverchiante sulla politica del nostro Paese.
La decisione operata all’epoca dalla nostra classe dirigente si dimostrò forse corretta. Ad ogni modo, una collaborazione tra ENI ed ENEL rappresenta oggi più che mai un fattore positivo per affrontare i cambiamenti in atto e favorire la transizione energetica. In tale direzione va letto l’accordo tra i due giganti italiani in merito alla fornitura di idrogeno a due raffinerie del gruppo ENI, così da sostenere il processo di decarbonizzazione. L’idrogeno è infatti sempre più visto dagli operatori del settore come un elemento imprescindibile per la sostenibilità ambientale. Entro il 2050 esso potrebbe addirittura arrivare a coprire un quarto del fabbisogno energetico mondiale.
ENI ed ENEL collaboreranno alla realizzazione di due impianti di elettrolisi (il processo che, attraverso l’utilizzo di corrente elettrica, permette di scindere le particelle d’acqua, recuperando in questo modo l’idrogeno). I due impianti, a loro volta, sorgeranno vicino ad altrettante raffinerie dell’ENI, che verranno alimentate grazie ad essi.
L’accordo tra le due aziende avviene nella cornice di una vera e propria corsa internazionale all’idrogeno, con investimenti di miliardi di euro da parte (anche) dei principali Paesi europei. La stessa ENEL, del resto, sta sviluppando la tecnologia “verde” in giro per il mondo e la partnership con l’altro campione energetico nazionale permetterà di sostenere la svolta ecosostenibile del soggetto che opera storicamente con le risorse più inquinanti.
ENI, in realtà, a livello italiano è di gran lunga il principale produttore e fruitore d’idrogeno. Quello prodotto dall’Ente Nazionale Idrocarburi presenta però un non trascurabile impatto ambientale, con la scissione dell’idrogeno realizzata attraverso l’uso di metano. In questo caso, invece, il processo verrebbe condotto grazie all’utilizzo di energie rinnovabili, azzerando l’emissione di CO2 nell’atmosfera.
Non resta che sperare in una sempre più stretta collaborazione tra le due imprese di Stato. Quella energetica, infatti, è una delle poche (ma cruciali) sfide in cui l’Italia non si sta facendo trovare impreparata. Come nel periodo postbellico, quando i quadri e le maestranze industriali permisero al nostro Paese un rilancio internazionale, anche nella crisi post-Covid, in attesa di un risveglio della classe politica, le eccellenze italiane devono fare da apripista per un nostro ritorno.
Marco Valerio Solia